Segni e simboli costituiscono un argomento affascinante
ma non è facile carpirne genesi e significato perché nel corso dei millenni,
insieme a festività religiose e divinità, sono stati ampiamente esportati e
importati dai vari popoli e dunque portano in sé svariate contaminazioni
culturali.
Alcune religioni ne abbondano altre meno. Non c'è
chiesa cristiana che manchi di crocefissi, dipinti e statue; tutto ciò non si
riscontra in un tempio ebraico ove prevalgono i simboli numerici, i colori, la
Menorah, gli arazzi. Addirittura in un tempio islamico la presenza di una sola
statua sarebbe blasfemia perché per la religione islamica solo Dio può creare,
l'uomo può, sbozzando pietra o legno, fare delle pessime imitazioni prive di
alcuna sacralità.
D'altra parte quando Gesù si congedò dai suoi
Apostoli disse loro: andate a portare la buona novella, costruite la mia
Chiesa. E alcuni di essi chiesero: “Rabbi, maestro, dove, come costruiremo la
tua Chiesa. ?”
Ed egli rispose: “Voi siete la mia Chiesa, la mia
Chiesa è dentro di voi”; quindi li invitava a una crescita spirituale e
individuale; come dire: siete nati bruchi ma potete diventare farfalle. Non
disse loro di costruire sontuosi edifici e vestirsi di broccato e raso quali
mediatori tra l'uomo e Dio, ma che ogni uomo dovrebbe farsi maestro di
umanesimo. Al catechismo ci insegnavano che Dio è in cielo in terra e in ogni
luogo, quindi anche nel sorriso di un bimbo, nel fruscio delle foglie, nel
gorgoglio di un ruscello, in un sasso immoto sotto il quale magari brulica la
vita. E dunque quando si vuole rivolgere il pensiero a Dio, se ne può avvertire
la presenza ovunque, qualunque sia il culto religioso scelto. La sorgente del
creato “Essere” non ha volto né sembianze, non è il Dio delle “lacune” a cui
attribuire tutto ciò che non comprendiamo, né il Dio delle grazie al quale
chiedere la guarigione se non persino una vincita al superenalotto: è somma
intelligenza e complessità: lo si scopre solo attraverso la fede o la
metafisica. Heidegger ritiene che la vera chiave di lettura del mito della
caverna di Platone non sia paideutica né gnoseologica ma quella ontologica,
attraverso la quale possiamo, in una qualche misura, direi, carpire i vari
gradi di disvelamento dell'Essere.