Sanità Calabrese, 29 maggio 2017. Quando l’ospedale non garantisce la pianta organica e obbliga, di fatto, l’infermiere a sopperire alle carenze umane ausiliarie, commette un inadempimento contrattuale ex art. 1218 C.C., esaustivamente risarcibile.
Molti pensano che solo con il D.P.R. 14.03.1974 n. 225 è stata creata la figura dell’infermiere professionale. Non è così! Già con Regio Decreto n. 1310 del 02.05.1940, intitolato: “Determinazione delle mansioni delle infermiere professionali e degli infermieri generici”, nel pieno della guerra mondiale, vennero differenziate le due figure infermieristiche. In tutta l’evoluzione legislativa e giurisprudenziale, quella del generico è rimasta un’arte ausiliaria statica cioè ancorata ai vecchi schemi assistenziali mentre il professionale si è evoluto al passo con i tempi (tecnologia e nuove necessità cliniche).
Ci si chiede a chi siano state ripartite le mansioni igienico-domesticoalberghiere dopo la soppressione delle scuole per infermieri generici operata con Legge 03 giugno 1980 n. 243.
Il legislatore non ha mai stabilito che l’infermiere professionale sostituisse il generico né la giurisprudenza ha mai stabilito un principio generale per cui il professionale debba sostituire il generico.
Il Decreto 14 settembre 1994, n. 739 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 09 gennaio 1995, n. 6 - Regolamento concernente l’individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell’infermiere - che ha eliso la parola “ausiliario” nella definizione di infermiere, all’art. 1, comma 3, paragrafo f) recita: “Il ministro della Sanità dispone che … L'infermiere per l'espletamento delle funzioni si avvale, ove necessario, dell'opera del personale di supporto” e non che “si avvale, ove presente o se presente o se l’amministrazione provvede, del personale di supporto”. La presenza del personale di supporto è, quindi, necessaria nel servizio affinché l’infermiere, “responsabile dell'assistenza generale infermieristica” - (art. 1, co. 1 succitato), pianifichi e gestisca gli interventi assistenziali ed anche igienicodomestico-alberghieri.
Un esempio per capire la differenza: il D.P.R. n. 128 del 1969 individua nella figura del primario il responsabile di tutta l’assistenza erogata ai degenti. Eppure nessuno oserebbe chiamare il primario per pulire una padella. Questo esempio ci permette di capire che alla base dei problemi dell’infermiere c’è la dignità professionale sempre più spesso venduta per pochi soldi.
Responsabilità significa che ogni operatore assistenziale ausiliario deve far capo all’infermiere perché solo l’infermiere può gestire, pianificare e programmare l’- assistenza. Programmare non significa pulire la padella; pianificare non vuol dire rispondere al campanello per girare la manovella del letto; gestire non significa far bollire il latte. Significa conoscere le esigenze del paziente ed impartire disposizioni esecutive al personale, che ci deve essere, perché ogni bisogno sia soddisfatto efficacemente. Il tipo di lavoro (manuale o intellettuale) che è affidato all’infermiere si desume anche dalla normativa sanitaria in materia.
La legge 10 agosto 2000 n. 251 stabiliva l’apertura delle classi universitarie per il conseguimento della laurea in Infermieristica e le relative specializzazioni e master.
Il C.C.N.L. Comparto Sanità 1998-2001 individuava nella categoria C e successivamente nella categoria D il collaboratore professionale sanitario (infermiere) definendolo: “Appartengono a questa categoria i lavoratori che, ricoprono posizioni di lavoro che richiedono, oltre a conoscenze teoriche specialistiche e/o gestionali in relazione ai titoli di studio e professionali conseguiti, autonomia e responsabilità proprie, capacità organizzative, di coordinamento e gestionali caratterizzate da discrezionalità.
L’infermiere, quale professionista laureato, è collocato in categoria D (ex VI livello) ed è obbligato a svolgere i corsi ECM, pena blocco della carriera (gli OTA e gli OSS non svolgono corsi ECM).
Il D.M. 14.09.1994 n. 739 (Regolamento concernente l’individuazione della figura e del profilo professionale dell’infermiere) evidenzia alcuni punti interessanti: “l'infermiere è l'operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante e dell'iscrizione all'albo professionale è responsabile dell'assistenza gene- 7 mdf rale infermieristica; L'infermiere partecipa all'identificazione dei bisogni di salute della persona e della collettività; identifica i bisogni di assistenza infermieristica della persona e della collettività e formula i relativi obiettivi; pianifica, gestisce e valuta l'intervento assistenziale infermieristico; garantisce la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche; agisce sia individualmente sia in collaborazione con gli altri operatori sanitari e sociali per l'espletamento delle funzioni e si avvale, ove necessario, dell'opera del personale di supporto”. Attenzione! “Ove necessario” viene interpretato da molti “ove è previsto” per dimostrare che dove non ci sono OTA o OSS, l’infermiere li deve sostituire. “Ove necessario”, invece, significa che l’infermiere ha il potere di decidere se agire in prima persona, oppure inviare direttamente il personale di supporto per svolgere un determinato compito.
Difatti il D.P.R. n. 384/90 afferma che l’OTA svolge alcune attività direttamente o in collaborazione con l’infermiere. Come si può vedere una attenta esegesi del testo normativo permette alle diverse disposizioni di collimare esattamente fra loro senza sollevare alcun contrasto interpretativo. Quando l’ospedale non garantisce la pianta organica e obbliga, di fatto, l’infermiere a sopperire alle carenze umane ausiliarie, commette un inadempimento contrattuale ex art. 1218 C.C., esaustivamente risarcibile.