Reggio Calabria. 10 luglio 2017. Il critico Nino Aricò si sofferma sulla disoccupazione giovanile oggi
In Italia con la cultura non si mangia.
"Quando mio figlio era ancora uno studente, preoccupato per il suo lento progredire negli studi, pensai
di spronarlo dicendogli che non deve presentarsi agli esami solo quando si sente preparato per un 30
o un 28 ma che anche qualche 20 o 25 poteva andar bene pur di finire al più presto il suo corso di
studi.
La sua risposta fu terribile : “Cambierà qualcosa nella mia vita se prendo la laurea un anno prima ? “
Scoprii con terrore che lui come tantissimi giovani sapevano di non avere la speranza di un lavoro.
Oggi, a distanza di tanti anni, mio figlio ha acquisito un dottorato, è un ricercatore ma ciò che
lui, come tanti altri, ricerca strenuamente è un lavoro dignitoso che però non trova, ricavandone
disillusione e tanta amarezza.
Di recente su “La Repubblica” è stato pubblicato un articolo che attesta come la probabilità di
trovare un lavoro, sia pure precario, sia inversamente proporzionale al grado di acculturamento:
che fosse vero quanto detto da qualcuno che "Con la cultura non si mangia “ o che fosse saggio il
consiglio dato ai giovani da un noto ministro di “Giocare a calcetto” se volevano trovare un lavoro? Purtroppo la società non sta vivendo una fase di disoccupazione ciclica ma permanente, strutturale e
tuttavia è singolare che il fenomeno sia così rilevante specie nei Paesi del Mediterraneo; nel Nord
Europa tale fenomeno è contenuto e ciò chiama in causa le politiche economiche che soffrono di
arretratezza e di scarsa visione del futuro.
Non vorrei ripetere la solfa della incapacità della nostra classe politica ad affrontare i problemi veri
ma tant'è!
Sarà forse che, specie nei Paesi del Mediterraneo, Scuola e Università formano titolati e non abilitati
al lavoro, sarà che,volgendo lo sguardo alla società globale, sia scoccata l'ora di un ravvedimento
del sistema economico che ritorni a produrre ricchezza attraverso il lavoro e non più attraverso l'alta
finanza, punto di forza di questo neoliberismo globalizzato ,ma certamente la nostra
società, togliendo futuro e speranza a una generazione intera, si sta suicidando.
Un giovane senza lavoro diventa un soggetto asociale,escluso, ghettizzato, facile preda di soluzioni
alternative purché lo facciano sentire “Vivo” e teso a uno scopo; per non dire di quanti cadono
nell'alcoolismo o nell'uso di sostanze alienanti.
Infatti il lavoro è l'essenza stessa dell'uomo, gli conferisce dignità e sostanza.
Nel nostro Paese ,e non solo, da tutto ciò deriva una totale sfiducia nei sistemi che regolano la
società, l'allontanamento dei giovani da questa politica cenciosa e settaria; in tanti rinunciano
persino a ricercare una qualunque attività lavorativa; i pochi intraprendenti lasciano la pergamena
nel cassetto e migrano altrove per fare i camerieri, i più si adagiano in un sottomesso atteggiamento
messianico, certi che senza sponsor non si va da nessuna parte. E il merito?!
Da tempo si parla di una qualche forma di “Reddito di cittadinanza” dall'oscuro articolato, ma quale
esso sia , se sarà, non darà dignità ai tanti giovani che hanno affrontato un serio e impegnativo corso
di studi, ma sarà vissuta come una puerile forma di elemosina da parte di una classe politica
incapace di valorizzare merito e potenzialità.